San Clemente I Romano, Papa e martire

Risuonava ancora al suo orecchio la predicazione degli Apostoli. Così nel II secolo sant’Ireneo parla di Clemente, terzo successore di Pietro dopo Lino e Anacleto, e forse in gioventù collaboratore di Paolo. Ma di lui una sola cosa è certa: la profonda conoscenza (rivelata negli scritti) della Scrittura e anche dei testi ebraici e non canonici. Si ritiene perciò che sia venuto al cristianesimo dall’ebraismo. Sappiamo che il suo pontificato dura nove anni, sotto gli imperatori Domiziano, Nerva e Traiano. Ma il suo posto è grande nella vita della Chiesa, che lo venera come uno dei “Padri apostolici”, per la lettera alla comunità di Corinto, dove i pastori sono stati destituiti da giovani cristiani turbolenti.

Clemente non interviene finché dura la persecuzione ordinata da Domiziano nell’Impero. Tornata la pace, al tempo di Nerva, eccolo inviare a Corinto una lettera scritta da lui ma presentata come voce della Chiesa di Roma, cosciente della sua autorità e responsabilità. Essa ricorda l’origine divina dell’autorità ecclesiastica e le norme per la successione apostolica; condanna l’espulsione dei presbiteri di Corinto e disegna un’immagine dell’intera comunità cristiana come modello di fraternità. Infine, sebbene Clemente scriva dopo la persecuzione, rammenta con serenità il dovere dell’obbedienza ai prìncipi nelle cose terrene.

La lettera, detta poi Prima Clementis, afferma dopo i testi degli Apostoli l’autorità dei vescovi sui fedeli e il primato della Chiesa di Roma sulle altre. Sarà infatti definita “Epifania (cioè manifestazione) del primato romano”. Un documento che si diffonde in tutta la cristianità antica, e che resta valido in ogni tempo. La voce di Clemente parla “con una gravità saggia, paterna, cosciente delle proprie responsabilità, ferma nelle esigenze e al tempo stesso indulgente nei suoi rimproveri” (G. Lebreton). Ancora 70 anni dopo, a Corinto, il documento viene letto pubblicamente nelle riunioni eucaristiche domenicali, insieme alle Scritture.

Poco si sa degli ultimi anni di Clemente. Secondo una tradizione del IV secolo, sarebbe stato affogato con un’ancora al collo in Crimea, suo luogo d’esilio, per ordine di Nerva. Ma gli Atti relativi sono giudicati leggendari. D’altra parte lo storico Eusebio di Cesarea e san Girolamo concordemente dicono che Clemente muore nel 101, e non parlano affatto di esilio e di martirio.

Nel IV secolo gli viene dedicata sul colle Celio a Roma una basilica, che sarà poi devastata da un incendio nel 1084. E sui suoi resti, dopo il 1100, sorgerà la basilica nuova a tre navate, ampiamente restaurata poi nel secolo XVIII. Sotto la sua abside gli scavi ottocenteschi hanno fatto scoprire parti della basilica originale, con dipinti murali anteriori al 1084. In ogni tempo la Chiesa continua a venerarlo, col nome di Clemente Romano.

 

Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:

–  San Colombano, abate, che di origine irlandese, fattosi pellegrino per Cristo per istruire nel Vangelo le genti della Francia, fondò insieme a molti altri monasteri quello di Luxeuil, che egli stesso go vernò in una stretta osservanza della regola; costretto all’esilio, attraversò le Alpi e fondò in Emilia il monastero di Bobbio, celebre per la disciplina e gli studi, dove, benemerito della Chiesa, morì in pace e il suo corpo fu deposto in questo giorno.

– A Roma nel cimitero di Massimo sulla via Salaria nuova, santa Felicita, martire.

– Presso Chiusi in Toscana, santa Mustìola, martire.

– A Cizico in Ellesponto, nell’odierna Turchia, san Sisinio, vescovo e martire, che si tramanda sia stato dopo molti supplizi trafitto con la spada durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano.

– A Metz nella Gallia belgica, ora in Francia, commemorazione di san Clemente, ritenuto primo vescovo di questa città.

-A Mérida in Spagna, santa Lucrezia, martire.

– A Konya in Licaonia, nell’odierna Turchia, sant’Anfilochio, vescovo, che, compagno di eremo dei santi Basilio e Gregorio Nazianzeno e loro collega nell’episcopato, fu insigne per santità e dottrina e sostenne molte prove per la fede cattolica.

– A Parigi nella Gallia lugdunense, ora in Francia, san Severino, che, chiuso in una cella, attese alla contemplazione di Dio.

– Ad Agrigento, san Gregorio, vescovo, che si tramanda abbia commentato i libri sacri, aprendo agli incolti i misteri divini.

– Nel Brabante, nell’odierno Belgio nella cittadina in seguito insignita del suo nome, san Trudone, sacerdote, che donò i suoi beni alla Chiesa di Metz e costruì in questo luogo un monastero, in cui radunò molti discepoli.

– Ad Alba in Piemonte, beata Margherita di Savoia, che, rimasta vedova, si consacrò a Dio nel monastero delle monache dell’Ordine dei Predicatori da lei fondato.

– A Seul in Corea, santa Cecilia Yu Sosa, martire, che, vedova, privata dei beni e arrestata a causa della sua fede, fu sottoposta per dodici volte a interrogatorio e percossa fino a spirare, quasi ottuagenaria, in carcere.

– Nel villaggio di Guadalupe nel territorio di Zacatecas in Messico, beato Michele Agostino Pro, sacerdote della Compagnia di Gesù e martire, che, in tempo di persecuzione contro la Chiesa, condannato a morte senza processo come complice di un delitto, subì il martirio che aveva ardentemente desiderato.

– Presso Madrid in Spagna, beata Maria Cecilia (Maria Felicita) Cendoya y Araquistain, vergine dell’Ordine della Visitazione di Santa Maria e martire, che, durante la grande persecuzione, nella stessa notte in cui le sue consorelle erano state arrestate si consegnò spontaneamente ai miliziani e con- fermò insieme alle compagne con il supremo sacrificio la sua testimonianza di fede.

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