San Turibio de Mogrovejo, vescovo

Venticinque anni di ministero episcopale nel Nuovo Mondo, migliaia di chilometri percorsi quasi sempre a piedi per annunciare Cristo agli indigeni del Perù (e non solo), dove tuttora si raccolgono i frutti della sua sconfinata carità. San Turibio di Mogrovejo (1538-1606) nacque in una nobile famiglia a Mayorga, nel nord della Spagna. Dopo gli studi giuridici divenne docente di diritto a Salamanca e fu poi chiamato a presiedere il tribunale dell’Inquisizione di Granada. Conoscendo le sue virtù, re Filippo II lo segnalò a Gregorio XIII come possibile arcivescovo di Lima e nel 1579 il papa autorizzò la nomina di Turibio, che allora era un semplice laico con poco più di quarant’anni alle spalle. Il giurista prese sul serio l’altissimo ufficio al quale era stato chiamato e nel giro di pochi mesi ricevette l’ordinazione sacerdotale e fu consacrato vescovo. A quel punto tutto era pronto per la sua partenza verso l’America.

Il 12 maggio 1581 Turibio prese possesso della sede arcivescovile di Lima, che da sei anni era di fatto priva di una guida e versava in una situazione di grave decadenza morale: i viceré spagnoli intervenivano nelle materie ecclesiastiche, dando luogo a frequenti dispute tra il potere temporale e spirituale, mentre erano pochi i religiosi che intervenivano per correggere gli abusi. L’opera del santo fu invece subito energica, volta a risollevare la Chiesa dall’appiattimento sul mondo. A chi si giustificava dicendo “questo era il costume qui”, lui rispondeva: “Cristo è Verità e non costume”. I contrasti e le prove non gli mancarono, ma Turibio non si scoraggiava perché consapevole della sua missione: “L’unico che è necessario rendere sempre felice è Nostro Signore”.

Promosse la riforma del clero e ad appena un anno dal suo arrivo convocò il III Concilio Limense (1582-1583), al quale parteciparono prelati di tutta l’America spagnola e in cui si affrontarono questioni fondamentali, riguardanti l’evangelizzazione degli indios, la catechesi e la predicazione nelle lingue native. Il santo stesso imparò a parlare i maggiori idiomi locali e fece stampare il Catechismo in spagnolo, quechua e aymara, suddividendo sapientemente l’insegnamento catechistico, formato da corsi per bambini, ragazzi, adulti analfabeti e persone istruite. Nel 1591 fondò a Lima il primo seminario americano, che oggi porta il suo nome, e durante il suo episcopato il numero delle parrocchie passò da 150 a 250, grazie ai suoi contatti con i missionari francescani e domenicani presenti nel Nuovo Continente. Non meno importante fu la sua opera nel dare applicazione alle direttive del Concilio di Trento.

Grazie alla sua sollecitudine furono costruite strade, scuole, ospedali, conventi e chiese, di cui poté beneficiare tutto l’immenso territorio ricadente nel suo arcivescovado, sede metropolitana la cui giurisdizione si estendeva allora ben oltre i confini del Perù. Trascorse circa metà dei suoi 25 anni di episcopato percorrendo instancabilmente quelle terre, cresimando decine di migliaia di cristiani, tra cui tre futuri santi: Martino de Porres, Francesco Solano e Rosa da Lima. La prima americana a essere canonizzata fu chiamata “Rosa” proprio da Turibio. Con la sua predicazione appassionata e la sua carità (arrivava al punto di donare ai bisognosi i suoi stessi vestiti e non badava a spese per gli ammalati) fu padre per innumerevoli indigeni, che andava a trovare nelle loro capanne pur di fargli conoscere Cristo. Il pensiero dei beni celesti era infatti il motore della sua vita quotidiana: “Il nostro grande tesoro è il momento presente. Dobbiamo approfittarne per guadagnarci la vita eterna. Il Signore Dio terrà strettamente conto di come abbiamo usato il nostro tempo”.

 

Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:

– In Cornovaglia, san Fingar o Guignero, martire.

– Commemorazione dei santi martiri Vittoriano, proconsole di Cartagine, nell’odierna Tunisia, di due fratelli provenienti dalla odierna Henchir-Baboucha e di due mercanti entrambi di nome Frumenzio, i quali, durante la persecuzione dei Vandali, sotto il re ariano Unnerico, per aver perseverato nella fede cristiana furono torturati con immani supplizi e ricevettero così la gloriosa corona.

– A Pontoise vicino a Parigi in Francia, san Gualterio, primo abate del monastero del luogo, che, messo da parte il suo amore per la vita solitaria, insegnò ai monaci con il proprio esempio l’osservanza della regola e combatté contro i costumi simoniaci diffusi nel clero.

– Ad Ariano Irpino in Campania, sant’Ottone, eremita.

– A Gubbio in Umbria, beato Pietro, sacerdote dell’Ordine degli Eremiti di Sant’Agostino.

– A York in Inghilterra, beato Edmondo Sykes, sacerdote e martire, che sotto il regno di Elisabetta I fu costretto all’esilio per il suo sacerdozio; fatto poi nuovamente ritorno in Inghilterra, fu consegnato all’estremo supplizio del patibolo.

– In località Naas vicino a Dublino in Irlanda, beato Pietro Higgins, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori e martire, che, sotto il regno di Carlo I, fu impiccato senza processo per la sua fedeltà alla Chiesa Romana.

– A Barcellona in Spagna, san Giuseppe Oriol, sacerdote, che con la mortificazione del corpo, una vita di povertà e l’orazione continua ebbe l’animo costantemente rivolto a Dio e fu colmo di celeste gaudio.

– Nel villaggio di Cemmo in Lombardia, beata Annunziata Cocchetti, vergine, che resse con saggezza, fortezza e umiltà l’Istituto delle Suore di Santa Dorotea da poco fondato.

– Presso ad-Dahr in Libano, santa Rebecca ar-Rayyas da Himláya, vergine della Congregazione delle Suore Libanesi Maronite, che, cieca per trent’anni e affetta da altre infermità in tutto il corpo, perseverò nell’orazione continua confidando solo in Dio.

– A Leopoldov in Slovacchia, beato Metodio Domenico Trcka, sacerdote della Congregazione del Santissimo Redentore e martire, il cui pellegrinaggio terreno, in tempo di persecuzione della fede, si tramutò con il suo glorioso martirio in vita eterna.

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