Beata Maria Crocifissa del Divino Amore (Maria Gargani), fondatrice
Maria Gargani nacque a Morra Irpina (oggi Morra De Sanctis), in provincia di Avellino, il 23 dicembre 1892. Era l’ottava e ultima figlia di Rocco Gargani, maestro elementare, e Angiolina De Paola. Ricevette l’istruzione primaria in famiglia, tramite il padre e le sorelle, anche loro maestre. Sempre il padre, molto religioso, provvide a educarla alla fede: fece imparare a memoria, a lei e agli altri figli, le preghiere quotidiane e il catechismo di san Pio X, che era stato diffuso in quegli anni.
Dalla sua autobiografia sappiamo che Maria fece la Prima Comunione di nascosto dei genitori, che non avevano ancora deciso la data: durante una missione predicata a Morra Irpina, si accostò alla Confessione e ricevette l’Eucaristia. Quando il padre e la madre lo seppero, si sentirono in colpa per essere stati assenti in un momento così importante per lei.
Nel 1913, dopo aver superato il concorso statale, ottenne un posto da maestra a San Marco la Catola in provincia di Foggia, dove abitavano sua sorella Antonietta e suo cognato. Lì entrò a far parte della “Mistica Betania”, un gruppo di preghiera che si riuniva presso il convento dei Cappuccini, sotto la guida di padre Agostino e di padre Benedetto da San Marco in Lamis.
Nel 1915, padre Agostino fu chiamato in guerra come cappellano militare. Prima di partire, però, volle affidare Maria alla guida spirituale di un altro suo assistito, un giovane confratello, padre Pio da Pietrelcina.
Il 26 agosto 1916 ricevette risposta alla sua prima lettera: il sacerdote affermava di essere «superlativamente lieto e riconoscente di aver conosciuto i vostri preziosi caratteri, siccome un giorno Gesù mi fece conoscere la vostra anima» Era la prima delle sessantasette lettere, conservate nell’epistolario di padre Pio, destinate a lei.
L’incontro tra i due avvenne nella metà di aprile del 1918, quando lui passò per il convento di San Marco La Catola. Nel suo diario, Maria annotò: «Vedendomi spuntare sulla porta della sacrestia, mi chiamò per nome e mi fece entrare in una stanzetta attigua, dove ci trattenemmo a parlare come due persone che si fossero conosciute da tempi remoti. Che soavità, che dolcezza nelle parole del Padre e che belle assicurazioni mi dava sulla mia anima!… M’incoraggiava ad essere sempre più del Signore e fare in modo da glorificarlo nella mia vita! Io mi sentii veramente felice e svanirono dalla mia mente e dallo spirito tutte le ombre e tutte le pene».
Maria s’iscrisse all’Ordine Francescano Secolare; in seguito, divenne anche socia dell’Azione Cattolica. Seguendo i consigli dei suoi direttori spirituali, intraprese varie attività di apostolato tra i bambini e i ragazzi del paese. Anche molti ammalati erano oggetto delle sue cure.
Gradualmente, Maria prese coscienza di doversi consacrare a Dio in un istituto religioso già esistente. Era comunque incerta se aderire all’Istituto delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù, scelta caldeggiata da padre Agostino, o entrare tra le Brigidine, come le raccomandava padre Benedetto.
Quanto a padre Pio, inizialmente non le diede indicazioni precise, pur sembrando d’accordo con padre Benedetto. Quando Maria si ripresentò a lui chiedendogli il permesso di partire, lui rispose: «Davvero vuoi andare? Ebbene, Maria, va’, ma ti raccomando di non lasciare il posto, sa… Proverai: se ti troverai bene, resterai, e se non ti trovi bene, tornerai».
Maria fece come le aveva detto, ma tornò a casa dopo qualche mese. Decisa a provare in un altro istituto di Roma, alla fine dell’anno scolastico si recò di nuovo da padre Pio. La sua reazione fu una risata, accompagnata da un’esclamazione: «Quanti giri devi fare ancora su questa terra!».
Nella seconda metà del 1933, sempre più indecisa sulla propria vocazione, Maria decise di fare una novena alla Madonna. Al termine della novena, mentre si trovava in ginocchio davanti al Santissimo Sacramento nella Chiesa Madre di Volturara, comprese cosa Dio le chiedeva. In una «luce intellettiva», così la definisce nel suo diario, comprese di dover avviare un nuovo Istituto di suore, che avrebbe prolungato il suo apostolato.
Quando i tempi furono maturi, Maria confidò a padre Pio il suo intento. Il cappuccino approvò: «Ecco, finalmente, qui dovevamo arrivare! Questa è la volontà di Dio. È bello, è bello! Fai presto a chiedere al Vescovo il convento ed esponi a lui tutto».
L’11 febbraio 1936 monsignor Di Girolamo, con un decreto, autorizzò l’erezione della Pia Unione delle Suore Apostole del Cuore Eucaristico di Gesù. Un mese dopo, il 21 aprile, inaugurò la prima comunità nell’ex convento di Santa Maria della Sanità a Volturara Appula.
Tra il 1936 e il 1944, la fondatrice definì gli scopi della nuova famiglia religiosa: apostolato parrocchiale, istruzione catechistica, diffusione della buona stampa, istituzione di scuole materne per i bambini e professionali per le ragazze, doposcuola.
Il 18 aprile del 1945 si celebrò la professione religiosa sua e di alcune compagne: lei cambiò nome in suor Maria Crocifissa del Divino Amore. Il 28 ottobre fu ufficialmente eretta la nuova Casa madre, in via Nuova San Rocco di Capodimonte 12.
Ormai madre fondatrice a tutti gli effetti, suor Maria Crocifissa non riusciva a recarsi spesso a San Giovanni Rotondo, dove risiedeva padre Pio. Lui stesso, del resto, faticava a seguire con costanza i suoi figli spirituali: sempre più fedeli giungevano da lui per chiedergli preghiere e consigli.
Il 21 luglio 1951, nella basilica della Madonna del Rosario di Pompei, lei incontrò un giovane sacerdote, don Antonio Fanucci, direttore spirituale del Seminario di Gubbio. Da allora fu lui a guidarla, a livello epistolare e di persona.
I passi per il riconoscimento ecclesiale delle sue suore, intanto, si avvicendavano. Il 20 giugno 1956 monsignor Marcello Mimmi, arcivescovo di Napoli, rese la Pia Unione Congregazione religiosa di diritto diocesano: il nome divenne Suore Apostole del Sacro Cuore.
Un mese dopo, madre Maria Crocifissa, che aveva lasciato l’insegnamento, poté professare i voti perpetui. L’approvazione da parte della Santa Sede giunse il 12 marzo 1963. Seguirono a ruota altre numerose fondazioni in Campania, Puglia, Molise, Lazio, Sicilia.
Questo fervore di opere non distolse madre Maria Crocifissa dalla contemplazione del Sacro Cuore di Gesù e delle sue misericordie, raggiungendo un alto grado di perfezione in un costante impegno quotidiano.
Negli ultimi anni, le consorelle ricordano che restava inginocchiata al suo solito posto nella cappella di Casa madre, con lo sguardo fisso al Tabernacolo. Faceva trapelare la sua ansia apostolica specie tramite la corrispondenza, anche solo con una cartolina.
Morì nella sua camera in Casa madre, il 23 maggio 1973; aveva 81 anni. Il suo corpo, inizialmente tumulato nel cimitero napoletano di Poggioreale, è stato poi traslato il 17 maggio 1992 nella cappella di Casa madre, in via Nuova San Rocco 12 a Napoli, nel quartiere di Capodimonte.
Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:
– Cartagine, nell’odierna Tunisia, santi Lucio, Montano, Giuliano, Vittoríco, Vittore e Donaziano, martiri, che, per la religione e la fede che avevano appreso dall’insegnamento di san Cipriano, affrontarono il martirio sotto l’imperatore Valeriano.
– Commemorazione dei santi martiri, che in Cappadocia, durante la persecuzione dell’imperatore Massimiano, morirono con le gambe spezzate.
– Commemorazione dei santi martiri, che in Mesopotamia, nello stesso periodo, appesi per i piedi e con il capo rivolto in giù, furono soffocati dal fumo e arsi vivi.
– A Napoli, sant’Efébo, vescovo, che governò il popolo di Dio con grande santità e lo servì fedelmente.
– Presso Langres nella Gallia lugdunense, ora in Francia, passione di san Desiderio, vescovo, che, come si tramanda, vedendo il suo popolo oppresso dai Vandali, si recò dal loro re per supplicarlo, ma, per ordine di costui, fu immediatamente sgozzato, offrendosi serenamente per il bene del gregge a lui affidato.
– Nel territorio di Norcia in Umbria, commemorazione di sant’Eutizio, abate, che, come racconta il papa san Gregorio Magno, dapprima praticò vita solitaria insieme a san Fiorenzo, conducendo molti a Dio con il suo incoraggiamento, e in seguito governò santamente il vicino monastero.
– Sempre a Norcia, san Spes, abate, che per quarant’anni sopportò la cecità con mirabile pazienza.
– Presso Subiaco nel Lazio, commemorazione di sant’Onorato, abate, che fu a capo della comunità che era stata in precedenza di san Benedetto.
– A Nizza in Provenza, in Francia, san Siagrio, vescovo, che costruì un monastero presso il sepolcro di san Ponzio.
– A Sínnada in Frigia, oggi in Turchia, san Michele, vescovo, che, uomo di pace, favorì la concordia tra Greci e Latini; relegato poi in esilio per il culto delle sacre immagini, morì lontano dalla patria.
– Presso Gemboux nel territorio di Liegi in Lotaringia, nell’odierno Belgio, deposizione di san Guiberto, monaco, che, abbandonata la vita militare e abbracciata la disciplina della vita monastica, costruì un cenobio su un fondo di sua proprietà, ritirandosi poi nel monastero di Gorze in Lotaringia.
– A Roma, san Giovanni Battista de Rossi, sacerdote, che accolse i poveri e i più emarginati, insegnando loro la sacra dottrina.
– Nella cittadina di Witowo in Polonia, beati Giuseppe Kurzawa e Vincenzo Matuszewski, sacerdoti e martiri, che, durante l’occupazione della patria da parte di una potenza straniera, furono uccisi dai persecutori della Chiesa.