Visitazione della Beata Vergine Maria
“In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: ‘Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!’”. (Lc 1, 39-42)
La visita di Maria a Elisabetta non è solo l’incontro tra due future madri: è il riconoscimento del fatto che la promessa di Dio si è fatta carne e la santificazione di Giovanni il Battista, le cui opere prepareranno la strada alla venuta del Signore. Tutto avviene in fretta: è segno che il tempo è ormai compiuto. Di questo episodio che tanto ha contribuito a far risaltare il mistero della Vergine inscindibile da quello di Gesù e dal disegno divino della salvezza, non si può non ricordare il meraviglioso Canto del Magnificat, di lode e ringraziamento della creatura al Suo Signore.
La festa della Visitazione è di origine francescana: i Frati Minori, infatti la celebravano già nel 1263, ponendola il 2 luglio, cioè il giorno in cui Maria conclude la visita a Elisabetta. Maria, infatti, resterà con Elisabetta fino alla nascita di Giovanni – il 24 giugno – e probabilmente altri otto giorni, cioè, secondo la tradizione ebraica, fino all’imposizione del nome. Poi si cercò di spostare la festa immediatamente dopo l’Annunciazione dell’angelo, ma non volendola far cadere durante il periodo quaresimale, la riforma liturgica del Concilio Vaticano II la stabilì definitivamente al 31 maggio, cioè a conclusione del mese espressamente dedicato a Maria. A estenderla, però, a tutta la Chiesa latina, fu Urbano VI, mentre il Sinodo di Basilea (1441) ne confermò il culto. Prima ancora del francescanesimo c’era una festa che celebrava “Santa Maria delle Grazie” (nome con cui la Madonna è spesso invocata ancora oggi) probabilmente legata all’episodio della Visitazione in cui Maria, già incinta, riporta la parola a Zaccaria e santifica Giovanni che sussulta nel grembo di sua madre: è, perciò, dispensatrice di grazie.
Si parte proprio dalla festa della Visitazione per ricollocare al posto giusto la memoria mariana all’interno del tempo di Cristo e dello Spirito: gli episodi che riguardano Maria, infatti, riguardano anche Gesù e comunque tutti appartengono alla stessa storia, che è quella della salvezza. Il culto di Maria, quindi, non può essere e non è separato da quello di Cristo, secondo il principio che la Chiesa chiama “della vicinanza” della Madonna a Gesù dall’annuncio all’Incarnazione, fino alla Passione, alla morte alla Resurrezione e infine all’Ascensione e alla Pentecoste: Gesù c’è e c’è anche Maria, che oltre a essere Madre di Dio, è anche immagine della Chiesa.
Racconta il Vangelo che dopo aver detto il suo sì, Maria viene stimolata dallo Spirito Santo a partire da Nazareth alla volta di Ebron, dove abita Elisabetta, già incinta di Giovanni, il futuro Battista. L’incontro tra le due donne, come già detto, è l’incontro tra il passato e il futuro, tra ciò che Israele era e quello che il popolo di Dio sarà, ma è anche una celebrazione dell’Incarnazione, perché, come sottolineava San Francesco di Sales, “non è possibile amare Dio che non vediamo, se non amiamo gli uomini che vediamo. Questa parte si compie nella Visitazione”. Nel testo di Luca, Elisabetta, quando sente il bambino che le sussulta in grembo, legge questa reazione alla luce del disegno di salvezza e si rivolge a Maria non augurandole ogni benedizione, ma constatando che presso di lei c’è già la grazia di Dio. La chiama benedetta “fra tutte le donne” ponendo l’accento sulla sua funzione di Madre del Signore (è la prima volta che Gesù viene chiamato così nel vangelo di Luca) e beata perché ha creduto. Convivono, quindi, due dimensioni: quella della maternità fisica che è gioia e benedizione solo di Maria, e la beatitudine del credente che può essere di tutta l’umanità se, su modello di Maria, questa si apre ad ascoltare e osservare la Parola.
Ma nell’episodio della Visitazione, oltre a Maria ed Elisabetta, ci sono altri due protagonisti: Giovanni e Gesù. Gesù, ancora prima di nascere, porta con sé la gioia della salvezza: alla sola voce – e non alle parole di saluto – di Maria, Giovanni nel grembo di Elisabetta riconosce che in quello di Maria c’è Gesù e lo riconosce come il Messia, proprio come farà quando questi si presenterà da lui al Giordano per essere battezzato. La semplice presenza di Gesù, quindi, è fonte di gioia per i personaggi di questa storia, come lo sarà per gli apostoli che lo seguiranno fino alla fine e oltre.
Maria non risponde direttamente al saluto di Elisabetta, ma esprime tutto il suo stato d’animo nell’inno del Magnificat, che San Bernardino da Siena definì giustamente la massima manifestazione “dell’amore gioioso che canta e loda l’amato”. Il cantico comunica la pienezza di lode e il ringraziamento della creatura a Dio e si divide in tre parti: la risposta di Maria al Signore, il soccorso di Dio ai poveri e ai piccoli a discapito dei ricchi e dei potenti, il favore divino a Israele seguito alla promessa fatta ad Abramo. Il canto, infine, è scuola di preghiera per tutta l’umanità: ascoltando il cuore puro e virgineo di Maria che magnifica il Signore, ogni credente viene illuminato dalla gioia e dalla luce di Cristo e si unisce a lei.
Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:
– A Roma nel cimitero di Domitilla sulla via Ardeatina, santa Petronilla, vergine e martire.
– A Gumenek nel Ponto, nell’odierna Turchia, sant’Ermia, soldato, martire.
– Ad Aquileia in Friuli, santi Canzio, Canziano e Canzianilla, martiri, che, arrestati dal persecutore mentre si allontanavano su un carro dalla città, furono infine condotti al supplizio.
– A Tolosa nella Gallia narbonense, ora in Francia, san Silvio, vescovo, che per primo diede decoro al sepolcro di san Saturnino con la costruzione di una basilica.
– A Forlì, beato Giacomo Salomoni, sacerdote, che, adolescente, morto il padre e entrata la madre tra le monache cistercensi, distribuì i suoi beni ai poveri e, accolto nell’Ordine dei Predicatori, vi rifulse per quarantacinque anni come amico dei poveri e uomo di pace, dotato di insigni carismi.
– A Camerino nelle Marche, beata Battista (Camilla) Varano, badessa del monastero delle Clarisse fondato da suo padre, che sperimentò grandi sofferenze e mistiche consolazioni.
– A York in Inghilterra, beati martiri Roberto Thorpe, sacerdote, e Tommaso Watkinson, che, condannati a morte sotto la regina Elisabetta I, il primo perché sacerdote, il secondo perché, padre di famiglia già avanti negli anni, aveva spesso fornito aiuto ai sacerdoti, ricevettero insieme sul patibolo la corona del martirio.
– A Parigi in Francia, beato Nicola Barré, sacerdote, che, docente di teologia e celebre educatore di anime nello spirito del Vangelo, istituì ovunque in Francia le Scuole Cristiane e della Carità e le Suore Maestre di Gesù Bambino per impartire istruzione gratuita ai figli del popolo.
– A Nicosia in Sicilia, beato Felice (Giacomo) Amoroso, religioso, che, dopo essere stato rifiutato per dieci anni, entrò infine nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, dove svolse i più umili servizi in semplicità e purezza di cuore.
– Nel villaggio di Bellegra vicino a Roma, beato Mariano (Domenico) Di Nicolantonio da Roccacasale, religioso dell’Ordine dei Frati Minori, che, svolgendo la mansione di portinaio, aprì la porta del convento ai poveri e ai pellegrini, che assistette sempre con la massima carità.
– In località Mityana in Uganda, san Noè Mawaggali, martire, che fu domestico del re: rifiutando impavidamente di cercare la fuga durante la persecuzione, offrì spontaneamente il petto alle lance dei soldati e, dopo esserne stato trafitto, fu appeso ad un albero, finché rese lo spirito per Cristo