San Nicola Cabasilas
Nicola Cabasilas (1322-1391/97), santo della Chiesa bizantina, ha goduto nella cristianità latina una notevole e per certi versi curiosa autorevolezza, che non sembra fortunatamente declinare. I suoi testi – di un autore non cattolico – sono stati utilizzati sia al Concilio di Trento, sia al Vaticano Il. Senza volontà di precisione, si trovano sue citazioni in Jacques-Bénigne Bossuet, Giuseppe Dossetti, Joseph Ratzinger, Paolo VI e Giovanni Paolo Il. A un suo passo si è rifatto il Predicatore della Casa Pontificia lo scorso venerdì santo, mentre il suo nome è presente in Orientale Lumen e nella più recente enciclica Ecclesia de Eucharestia. Anche l’ultimo convegno ecumenico tenutosi al monastero di Bose lo scorso settembre, ha analizzato la figura di questo laico cristiano, che vale forse la pena conoscere più a fondo.
Nato a Tessalonica, Nicola Cbamaetos Cabasilas è di casata nobile. In gioventù studia retorica, filosofia, matematica, astronomia e diritto. Soprattutto, viene a contatto con alcune grandi personalità del cosiddetto «rinascimento bizantino», manifestando grande interesse per la spiritualità cristiana nel suo senso più alto. Tra i suoi amici più cari, due figure già dicono molto della sua biografia: da una parte san Gregorio Palamas, forse uno dei più grandi teologi bizantini del secondo millennio, che proprio in quegli anni poneva le nuove basi della spiritualità monastica orientale; dall’altra Demetrio Cidone, traduttore a oriente delle opere di Tommaso d’Aquino, amante della latinità al punto da convertirsi al cattolicesimo, senza per questo perdere l’amicizia con Cabasilas.
Il nostro non è un monaco, né un uomo di lettere, pur mantenendo grande confidenza sia con le pratiche ascetiche, sia con il mondo delle idee del tempo. Forse, l’etichetta meno inadatta è proprio quella di “laico”, nel senso di interessato a ciò che diventerà il titolo stesso di una delle sue opere più famose: la «Vita in Cristo», strutturata intorno a una magistrale riflessione sui sacramenti e attuata con un forte impegno nelle cose mondane. Negli anni della sua maturità, l’Impero va sgretolandosi: due imperatori reclamano il trono, dando vita a una guerra civile caratterizzata da notevoli violenze e feroci repressioni. Cabasilas presta i propri servizi alla causa di Giovanni Cantacuzeno, assumendone oneri e onori. In quegli anni, scrive un trattato contro l’usura e le ingiustizie sociali che sembra travalicare il tempo. Il prestigio personale è tale che, durante un’ambasceria, scampa a un massacro proprio grazie all’aiuto di partigiani dell’opposta fazione, che riconoscono in lui dignità e umanità superiori all’inimicizia politica.
Quando il Cantacuzeno raggiunge il trono, è chiamato come consigliere a corte, dove divide il proprio tempo fra lo studio e la politica attiva. Nel 1349 accompagna l’amico Palamas in fuga sul Monte Athos, dove restano un anno, Nel 1351 contribuisce al tentativo di un Concilio di unione fra latini e greci, che purtroppo fallisce, Quando nel 1354 l’imperatore abdica e si rifugia a sua volta sull’Athos, Cabasilas si ritira dalla vita politica attiva: viaggia, è ricercato da molte personalità dell’epoca, cui però preferisce il silenzio dei monasteri per dedicarsi alle sue due opere più famose: la Vita in Cristo e il Commento delta Divina Liturgia. Muore, senza lasciare testimonianza dei suoi ultimi anni, tra il 1391 e il 1397: qualcuno dice dopo essersi fatto monaco, secondo molti altri fedele alla propria vocazione fino all’ultimo.
Tra questi, anche Enzo Bianchi che Io ha recentemente definito «un laico che visse al cuore stesso delle vicende del suo tempo e del suo mondo, lasciandosene coinvolgere radicalmente. Un laico, cioè un semplice cristiano, che tuttavia ci ha lasciato una delle meditazioni più profonde sulla vita spirituale e una delle comprensioni più alte del mistero dell’eucaristia. (….) Uomo fedele al suo tempo, persona colta e aperta anche al sapere profano, (…) seppe cogliere il significato che l’eucaristia occupa nella spiritualità del credente, la sua qualità di viatico necessario nella lotta della vita. Partecipare all’eucaristia, infatti, non è semplice osservanza di un rito, ma molto di più: suo fine è entrare nella vita di Cristo, nella sua logica, nei suoi pensieri e nei suoi sentimenti; significa esercitarsi, secondo le parole di Cabasilas, “ad avere gli stessi desideri di Cristo e a godere con lui delle stesse gioie”, significa guardare se stessi, gli altri e il mondo con il medesimo sguardo di Dio».
Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:
– san Metodio, vescovo di Olimpo e martire, che scrisse opere dallo stile elegante e forbito e sul finire della persecuzione dell’imperatore Diocleziano ricevette egli stesso la corona del martirio.
– Nel territorio di Laon in Neustria, nell’odierna Francia, san Gobano, sacerdote, che, nato in Irlanda e divenuto in Inghilterra discepolo di san Fosco, per amore di Cristo partì per la Francia e condusse nei boschi vita eremitica.
– Nel monastero di San Giacomo di Foggia in Puglia, san Giovanni da Matera, abate, che, insigne per austerità di vita e per la predicazione al popolo, fondò sul Gargano la Congregazione di Pulsano di osservanza benedettina.
– Nel monastero di Medingen nella Baviera, in Germania, beata Margherita Ebner, vergine dell’Ordine dei Predicatori, che, pur provata per Cristo da molteplici infermità, condusse una vita salutare per lei, mirabile agli occhi altrui e gradita a Dio, e molto scrisse sull’esperienza mistica.
– A Dublino in Irlanda, passione del beato Dermizio O’Hurley, vescovo e martire, che, avvocato laico, divenne vescovo di Cashel per volontà di papa Gregorio XIII; sotto la regina Elisabetta I, interrogato e torturato per mesi, respinse fermamente ogni accusa e professò davanti al patibolo issato ad Hoggen Green di essere pronto a morire per la fede cattolica e per il suo ministero episcopale.
– Nello stesso luogo commemorazione della beata Margherita Ball, martire, che, rimasta vedova, fu arrestata, su de- nuncia del suo stesso figlio, per avere accolto in casa molti sacerdoti ricercati e, dopo varie torture, morì settuagenaria in un giorno rimasto sconosciuto.
– A Nagasaki in Giappone, beati martiri Francesco Pacheco, sacerdote, e otto compagni, della Compagnia di Gesù, condannati al rogo in odio alla fede.
– A Londra, beati martiri Tommaso Whitbread e i compagni, Guglielmo Harcourt, Giovanni Fenwich, Giovanni Gavan e Antonio Turner, sacerdoti della Compagnia di Gesù, che, sotto la falsa accusa di aver congiurato a morte contro il re Carlo II, subirono a Tyburn il martirio per il regno dei cieli.