San Paolino di Nola, vescovo
Paolino nacque a Bordeaux in Francia nel 355 da una stimata famiglia di consoli e senatori. Paolino era figlio del Prefetto della provincia dell’Aquitania. Cominciò gli studi con filosofia e legge. Quando si trasferì a Milano aveva già terminato gli studi letterari ed aveva appreso perfettamente anche l’arte della musica, oltre che dell’eloquenza. Avviato alla carriera politica, divenne rapidamente senatore, scegliendo di insediarsi a Nola, dove aveva dei possedimenti.
Qui cominciò a crescere la sua fede in Cristo, colpito dai prodigiosi eventi che avvenivano attorno la tomba di San Felice dal modo in cui il martire aveva accettato le sofferenze patite in vita. Durante un viaggio a Barcellona conobbe una bella e pia donna, Therasia, cristiana e già battezzata, che divenne sua moglie e lo guidò verso la conversione.
Tornato in Francia a Bordeaux nel 389 chiese e ottenne di essere battezzato dal vescovo Delfino. Tre anni dopo dalla loro unione nacque Celso che purtroppo morì otto giorni dopo la nascita. Questo evento luttuoso lo spinse ancor di più a trovare conforto nella fede: la sua conversione era compiuta totalmente.
Entrambi decisero ci dedicarsi completamente alle opere di carità verso i poveri e emarginati, perseguendo un ideale cristiano basto sulla preghiera, l’ascetismo e la povertà. Donarono le proprie consistenti ricchezze ai poveri, desiderosi di ottenere i beni eterni più che quelli terreni.
Il Signore non tardò ad operare su di lui i suoi progetti: nel 393 si recarono a Barcellona dove, durante la celebrazione liturgica del Natale venne acclamato a gran voce dai fedeli: «Paolino sacerdote…!».
Decise così di ordinarsi sacerdote, seguendo la massima “vox populi, vox dei”, mentre la moglie, rinunciando al matrimonio, prese il velo. Paolino mise al servizio del re tutta la sua forza morale e intellettuale e rapidamente si guadagno la stima di ricchi, poveri, principi e potenti che ricorrevano a lui in cerca di consigli o di guida, ma questa notorietà non gli era gradita, avrebbe preferito restare sconosciuto.
Si allontanò così dalla Spagna per trasferirsi a Nola intenzionato a dedicarsi a vita monastica, lui che era stato senatore e console amava trascorrere le giornate in preghiera, praticando il digiuno, e le notti assorto nella meditazione delle cose celesti. A Nola fece costruire un monastero maschile ed uno femminile, dove si stabilì anche la consorte, e un ospizio per i poveri.
Divenuto vacante il vescovado di Nola, Paolino venne di nuovo acclamato dal popolo: «Paolino vescovo…!».
E così divenne vescovo di Nola e quando la città venne saccheggiata dai visigoti fu fatto prigioniero assieme a molti abitanti e venduto come schiavo in Africa: divenne il giardiniere del proprio padrone. Un giorno profetizzò la morte del re al proprio padrone che lo condusse al cospetto del regnante: questi, a cui nel frattempo era apparso in sogno, ne ebbe paura e si adoperò per liberare lui e tutti i nolani prigionieri.
Tornarono a Nola su navi cariche di grano, accolti con grande festa sulla spiaggia di torre Annunziata dai paesani che sventolavano mazzi di fiori. Ancora oggi a Nola la prima domenica dopo il 22 giugno si tiene la festa dei Gigli per celebrare la tradizione dell’accoglienza.
Paolino morì nell’anno del Signore 431, in seguito ad una malattia, lasciando numerosi scritti che ancora oggi testimoniano la sua grande sapienza.
Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:
– Santi Giovanni Fisher, vescovo, e Tommaso More, martiri, che, essendosi opposti al re Enrico VIII nella controversia sul suo divorzio e sul primato del Romano Pontefice, furono rinchiusi nella Torre di Londra in Inghilterra. Giovanni Fisher, vescovo di Rochester, uomo insigne per cultura e dignità di vita, in questo giorno fu decapitato per ordine del re stesso davanti al carcere; Tommaso More, padre di famiglia di vita integerrima e gran cancelliere, per la sua fedeltà alla Chiesa cattolica il 6 luglio si unì nel martirio al venerabile presule.
– A Roma, commemorazione di san Flavio Clemente, martire, che dall’imperatore Domiziano, di cui era stato col- lega nel consolato, fu ucciso con l’accusa di ateismo, ma in realtà per la sua fede in Cristo.
– In località Verulam, chiamata poi Saint Albans, in Inghilterra, sant’Albano, martire, che, come si narra, non anco- ra battezzato, si consegnò al posto di un sacerdote di passaggio che aveva accolto in casa sua e dal quale era stato istruito nella fede cristiana scambiando con lui la veste; per questo, dopo aver subito percosse e altre atroci torture, morì infine decapitato.
– A Caerleon in Galles, santi Giulio e Aronne, martiri, che subirono la passione dopo sant’Albano durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano; in quel tempo nello stesso luogo moltissimi cristiani, torturati con supplizi di vario genere e crudelmente dilaniati, terminato il loro combattimento, raggiunsero le gioie della città celeste.
– A Dülük in Siria, ora in Turchia, sant’Eusebio, vescovo di Samosata, che, al tempo dell’imperatore ariano Costanzo, vestendosi da soldato, visitava in incognito le Chiese di Dio per rinsaldarle nella fede cattolica; successivamente, sotto l’impero di Valente, fu relegato in Tracia, ma, ritornata la pace per la Chiesa, fu richiamato dall’esilio al tempo dell’imperatore Teodosio; infine, mentre era di nuovo in visita alle Chiese, morì martire colpito al capo da una tegola lanciatagli contro dall’alto da una donna ariana.
– Commemorazione di san Niceta, vescovo di Remesiana in Dacia, nell’odierna Serbia, che san Paolino da Nola celebra in un suo carme per aver insegnato il Vangelo ai barbari rendendoli come pecore condotte in un ovile di pace e perché coloro che un tempo erano una popolazione incolta e dedita alle ruberie avevano ora imparato a far risuonare Cri- sto in un cuore romano.
– A Roma in Laterano, beato Innocenzo V, papa, che, dell’Ordine dei Predicatori, insegnò a Parigi la sacra teologia e, ottenuta suo malgrado la sede episcopale di Lione, diresse qui insieme a san Bonaventura un Concilio Ecumenico per l’unità tra i Latini e i Greci separati; elevato, infine, alla cattedra di Pietro, esercitò il ruolo di pontefice solo per breve tempo, mostrato alla Chiesa di Roma piuttosto che dato.