Santa Marta di Betania, sorella di Maria e Lazzaro
È la donna tutto fare che insieme alla sorella Maria a Betania vicino a Gerusalemme accolse nella sua casa il Signore Gesù e, alla morte del fratello Lazzaro, risuscitato da Cristo, professò: «Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Il suo nome significa “signora”. È protettrice di casalinghe, domestiche, albergatori, osti e cuochi. I primi a dedicarle una celebrazione liturgica furono i francescani nel 1262.
Marta è la sorella di Maria e di Lazzaro di Betania, un villaggio a circa tre chilometri da Gerusalemme. Nella loro casa ospitale Gesù amava sostare durante la predicazione in Giudea. In occasione di una di queste visite compare per la prima volta Marta. Il Vangelo ce la presenta come la donna di casa, sollecita e indaffarata per accogliere degnamente il gradito ospite, mentre la sorella Maria preferisce starsene quieta in ascolto delle parole del Maestro. Non ci stupisce quindi il rimprovero che Marta muove a Maria: «Signore, non t’importa che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti».
La risposta di Gesù può suonare come rimprovero alla fattiva massaia: «Marta, Marta, tu t’inquieti e ti affanni per molte cose; una sola è necessaria: Maria invece ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». Ma rimprovero non è, commenta S. Agostino: «Marta, tu non hai scelto il male; Maria ha però scelto meglio di te». Ciononostante Maria, considerata il modello evangelico delle anime contemplative già da S. Basilio e S. Gregorio Magno, non sembra che figuri nel calendario liturgico: la santità di questa dolce figura di donna è fuori discussione, poiché le è stata confermata dalle stesse parole di Cristo; ma è Marta soltanto, e non Maria né Lazzaro, a comparire nel calendario, quasi a ripagarla delle sollecite attenzioni verso la persona del Salvatore e per proporla alle donne cristiane come modello di operosità.
L’avvilita e incompresa professione di massaia è riscattata da questa santa fattiva di nome Marta, che vuol dire semplicemente “signora”. Marta ricompare nel Vangelo nel drammatico episodio della risurrezione di Lazzaro, dove implicitamente domanda il miracolo con una semplice e stupenda professione di fede nella onnipotenza del Salvatore, nella risurrezione dei morti e nella divinità di Cristo, e durante un banchetto al quale partecipa lo stesso Lazzaro, da poco risuscitato, e anche questa volta ci si presenta in veste di donna tuttofare.
La lezione impartitale dal Maestro non riguardava, evidentemente, la sua encomiabile laboriosità, ma l’eccesso di affanno per le cose materiali a scapito della vita interiore. Sugli anni successivi della santa non abbiamo alcuna notizia storicamente accertabile, pur abbondando i racconti leggendari. I primi a dedicare una celebrazione liturgica a S. Marta furono i francescani, nel 1262, il 29 luglio, cioè otto giorni dopo la festa di Santa Maria Maddalena, impropriamente identificata con sua sorella Maria.
Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:
– i santi Lazzaro, fratello di santa Marta, che il Signore pianse morto e risuscitò, e di Maria, sua sorella, che, mentre Marta era indaffarata nei suoi molteplici servizi, seduta ai piedi del Signore ascoltava la sua parola.
– A Gangra in Paflagonia, nell’odierna Turchia, san Calliníco, martire.
– A Roma al terzo miglio della via Portuense nel cimitero poi dedicato al suo nome, san Felice, martire.
– Sempre a Roma nel cimitero di Generosa, santi Simplicio, Faustino, Viatrice e Rufo, martiri.
– A Troyes nella Gallia lugdunense, nell’odierna Francia, san Lupo, vescovo, che si recò in Bretagna insieme a san Germano di Auxerre per debellare l’eresia pelagiana, difese con la preghiera la sua città dalla furia di Attila e, compiuti onorevolmente cinquantadue anni di sacerdozio, riposò in pace.
– A Orléans sempre nella Gallia lugdunense, san Prospero, vescovo.
– A Trondheim in Norvegia, sant’Olaf, martire, che, re della sua gente, diffuse nel suo regno la fede cristiana da lui conosciuta in Inghilterra, debellando con scrupolo l’idolatria, ma morì, infine, trafitto con la spada durante un assalto dei suoi nemici.
– A Roma presso san Pietro, beato Urbano II, papa, che difese la libertà della Chiesa dall’assalto di poteri secolari, combatté la simonia e la corruzione del clero e nel Concilio di Clermont-Ferrand esortò i soldati cristiani a liberare, segnati con la croce, i fratelli oppressi dagli infedeli e il Sepolcro del Signore.
– Nella cittadina di Saint-Brieuc nella Bretagna in Francia, san Guglielmo Pinchon, vescovo, che si adoperò per la costruzione della cattedrale, rifulse per bontà e semplicità e per difendere le sue pecore e i diritti della Chiesa patì con impavida forza d’animo aspre vessazioni e l’esilio.
– A Omura in Giappone, beati martiri Ludovico Bertrán, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, Mancio della Santa Croce e Pietro di Santa Maria, religiosi dello stesso Ordine, messi al rogo per Cristo.
– Nel braccio di mare antistante Rochefort sulla costa francese, beato Carlo Nicola Antonio Ancel, sacerdote della Società di Gesù e Maria e martire, che, durante la Rivoluzione francese, confinato in quanto sacerdote in una galera in condizioni disumane, portò a termine il suo martirio consunto da letale contagio.
– Nella città di Qingyan nella provincia del Guizhou in Cina, santi martiri Giuseppe Zhang Wenlan, Paolo Chen Changpin, seminaristi, Giovanni Battista Lou Tingyin, amministratore del seminario, e Marta Wang Louzhi, vedova, che, rinchiusi in una cava calda e umida, subirono atroci torture, morendo, infine, decapitati per la fede di Cristo.
– Nella città di Esplugues vicino a Barcellona in Spagna, beato Giovanni Battista Egozcuezábal Áldaz, religioso dell’Ordine di San Giovanni di Dio e martire, ucciso durante la persecuzione contro la fede in odio alla Chiesa.
– A Calanda vicino a Teruel sempre in Spagna, beati Lucio Martínez Mancebo, sacerdote dell’Ordine dei Predica- tori, e compagni, martiri, che, sorretti dalla forza di Cristo, morirono nella medesima persecuzione.
– A Valencia sempre in Spagna, beato Giuseppe Calasanzio Marqués, sacerdote della Società Salesiana e martire, che sempre nella stessa persecuzione versò il sangue per Cristo.