Sant’ Antonio, abate
È festeggiato in tutta Italia, da Nord a Sud, con la benedizione degli animali e l’accensione dei falò. In Sardegna segna l’inizio ufficiale del Carnevale. A Novoli, nel Salento, in suo onore arde la Fòcara, una pira alta 25 metri e con un diametro di 20. È la più grande d’Italia e del Mediterraneo. Attorno alla Fòcara per tutta la serata e la nottata del 16 gennaio, giorno della vigilia e dell’accensione ufficiale, si balla e si canta.
Tutto in onore di sant’Antonio abate, uno dei più illustri eremiti della storia della Chiesa. Nato a Coma, nel cuore dell’Egitto, intorno al 250, a vent’anni abbandonò ogni cosa per vivere dapprima in una plaga deserta e poi sulle rive del Mar Rosso, dove condusse vita anacoretica per più di 80 anni: morì, infatti, ultracentenario nel 356. Già in vita accorrevano da lui, attratti dalla fama di santità, pellegrini e bisognosi di tutto l’Oriente. Anche l’imperatore Costantino e i suoi figli, pare, ne cercarono il consiglio. La sua vita è raccontata da un discepolo, sant’Atanasio, che contribuì a farne conoscere l’esempio in tutta la Chiesa.
Per due volte lasciò il suo romitaggio. La prima per confortare i cristiani di Alessandria perseguitati da Massimino Daia. La seconda, su invito di Atanasio, per esortarli alla fedeltà verso il Concilio di Nicea.
Nell’iconografia tradizionale è raffigurato circondato da donne procaci, simbolo delle tentazioni, come lo dipinge ad esempio Paul Cezanne, o animali domestici, come il maiale, di cui è popolare protettore. Il fuoco legato al suo culto ha a che fare con il racconto che vedeva il Santo addirittura recarsi all’inferno per contendere al demonio le anime dei peccatori.
A Macerata Campania, in provincia di Caserta, il 17 gennaio viene riproposta l’antica tradizione delle Battuglie: botti, tini e falci vengono utilizzati come dei veri e propri strumenti musicali per produrre la caratteristica sonorità meceratese, denominata appunto Pastellessa (o Pastellesse). Molti gli artisti che l’hanno raffigurato, da Velazquez a Bosch, da Grunewald a Paul Cezanne. Un culto diffusissimo per uno che visse in preghiera da eremita per tutta la sua lunga vita.
I suoi discepoli tramandarono alla Chiesa la sua sapienza, raccolta in 120 detti e in 20 lettere; nella Lettera 8, Sant’Antonio scrisse ai suoi “Chiedete con cuore sincero quel grande Spirito di fuoco che io stesso ho ricevuto, ed esso vi sarà dato”. Nel 561 fu scoperto il suo sepolcro e le reliquie cominciarono un lungo viaggiare nel tempo, da Alessandria a Costantinopoli, fino in Francia nell’XI secolo a Motte-Saint-Didier, dove fu costruita una chiesa in suo onore. In questa chiesa a venerarne le reliquie, affluivano folle di malati, soprattutto di ergotismo canceroso, causato dall’avvelenamento di un fungo presente nella segala, usata per fare il pane. Il morbo era conosciuto sin dall’antichità come “ignis sacer” per il bruciore che provocava; per ospitare tutti gli ammalati che giungevano, si costruì un ospedale e una Confraternita di religiosi, l’antico Ordine ospedaliero degli “Antoniani”; il villaggio prese il nome di Saint-Antoine di Viennois. Il Papa accordò loro il privilegio di allevare maiali per uso proprio e a spese della comunità, per cui i porcellini potevano circolare liberamente fra cortili e strade, nessuno li toccava se portavano una campanella di riconoscimento.
Il loro grasso veniva usato per curare l’ergotismo, che venne chiamato “il male di s. Antonio” e poi “fuoco di s. Antonio” (herpes zoster); per questo nella religiosità popolare, il maiale cominciò ad essere associato al grande eremita egiziano, poi fu considerato il santo patrono dei maiali e per estensione di tutti gli animali domestici e della stalla. Nella sua iconografia compare oltre al maialino con la campanella, anche il bastone degli eremiti a forma di T, la “tau” ultima lettera dell’alfabeto ebraico e quindi allusione alle cose ultime e al destino. Nel giorno della sua festa liturgica, si benedicono le stalle e si portano a benedire gli animali domestici; in alcuni paesi di origine celtica, Sant’Antonio assunse le funzioni della divinità della rinascita e della luce, LUG, il garante di nuova vita, a cui erano consacrati cinghiali e maiali, così s. Antonio venne rappresentato in varie opere d’arte con ai piedi un cinghiale.
Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:
– In Cappadocia, nell’odierna Turchia, santi martiri Speusippo, Elasippo, Melasippo, fratelli, e la loro nonna Leonilla.
– Nell’Osroene, nelle terre oggi divise tra Siria e Turchia, commemorazione di san Giuliano, asceta, soprannominato Saba, cioè vecchio; benché avesse rigettato il clamore cittadino, lasciò tuttavia per qualche tempo l’amata solitudine, allo scopo di confondere ad Antiochia i seguaci dell’eresia ariana.
– A Die nella Gallia lugdunense, nell’odierna Francia, san Marcello, vescovo, che, difensore della città, fu mandato in esilio dal re ariano Eurico per aver mantenuto la fede cattolica.
– A Bourges nella regione dell’Aquitania, in Francia, san Sulpicio, detto il Pio, vescovo, che, dalla corte regia elevato all’episcopato, nulla ebbe più caro che prendersi cura dei poveri.
– Nella Baviera, beato Gamelberto, sacerdote, che, per fondare il monastero di Metten, consegnò i propri beni a Ut- to, da lui stesso immerso nel sacro fonte battesimale.
– Presso Fréjus nella Provenza in Francia, santa Roselina, priora di Celle-Roubaud dell’Ordine certosino, che rifulse per l’abnegazione, il digiuno dal cibo e dal sonno e l’austerità di vita.
– Nella città di Tocolatlán in Messico, san Gennaro Sánchez Delgadillo, sacerdote e martire durante la persecuzione messicana.