San Francesco di Sales, vescovo e dottore della Chiesa
Spesso le vite dei figli vanno nella direzione opposta a quella che si attendono i padri. Così è stato anche per François (Francesco) di Sales (il castello, in Savoia, dov’era nato il 21 agosto 1567). Il padre vede davanti a lui fin da piccolo – dotato com’è d’intelligenza e carattere non comuni – una brillante carriera nel mondo, destinata a rinverdire le fortune e a dare nuovo lustro alla nobile famiglia dei Boisy. Francesco viene educato nei migliori collegi di Francia (La Roche, Annecy, Parigi); riceve una solida istruzione nelle discipline umanistiche; affronta gli studi di diritto all’università di Padova, celebre in tutta Europa – oltreché per la medicina – anche per le materie giuridiche. Nella città veneta soggiorna tre anni (1588-1591), dedicandosi con profitto allo studio, ma coltivando anche la vocazione religiosa che da tempo era sbocciata e che progrediva sotto la guida del gesuita Antonio Possevino. Dopo aver conseguito la laurea in diritto (1591), Francesco ritorna a casa. Qui lo attende un lungo combattimento interiore: da un lato, le ambizioni del padre (che lo vorrebbe avvocato e senatore, e che sceglie per lui anche la giovanissima nobildonna che dovrebbe sposarlo); dall’altro, la sua unica vera aspirazione: quella di “essere della Chiesa” e di servirla per conquistare le anime a Dio. Riesce a resistere a ogni pressione e vince ogni lusinga pur di dare alla sua vita la svolta attesa, diventando sacerdote. Questo accade nel 1593. Nominato arciprete del capitolo cattedrale di Ginevra, Francesco manifesta subito doti di zelo e di carità, di diplomazia e di equilibrio, che lo accompagneranno per tutta la vita e di cui darà prova esemplare nella difficile missione apostolica (1594-1598) nello Chablais, ormai conquistato al calvinismo.
La sua fama si diffonde, e bisogna proprio insistere perché accetti la proposta di diventare vescovo ausiliare di Ginevra: nomina ratificata da Clemente VIII nel 1599. I tristi avvenimenti che Francesco si appresta a vivere dal 1598 al 1602 (la morte del padre, le difficoltà economiche, i conflitti diplomatici, l’invasione della Savoia da parte dei francesi) non attenuano il suo impegno, né vengono meno i frutti spirituali della sua attività. Anzi, essi aumentano quando, alla morte di monsignor de Granier, vescovo di Ginevra, è destinato a succedergli (1602). Il suo amore di Dio, la sua semplicità e la sua dolcezza conquistano i cuori: a cominciare da quello della baronessa Giovanna Francesca Fremyot de Chantal (1572-1641), eccezionale figura di donna e religiosa (sarà canonizzata nel 1767), cofondatrice con Francesco dell’Ordine della Visitazione di santa Maria. Infaticabile nella predicazione, nella catechesi, nell’amministrazione dei sacramenti, nelle visite pastorali, Francesco, per fortuna, non manca neppure di tracciare le linee della sua spiritualità sacerdotale. Nasce così la Filotea o Introduzione alla vita devota (1609), la sua prima e fondamentale opera ascetica, che avrà anche un grande successo editoriale e, qualche anno dopo, il Teotimo o Trattato dell’amor di Dio (1616). Qui è compendiato lo spirito della vera devozione religiosa, come la intende Francesco: non una manifestazione esterna, né una pratica rigida, com’era d’uso a quei tempi, bensì un costante perfezionamento di se stessi nell’unione perfetta con Dio e nell’esercizio delle virtù teologali.
Sono questi principi ispiratori a guidare la Visitazione di santa Maria, l’istituto di vita monastica femminile, senza obbligo di clausura, fondato ad Annecy nel 1610. Francesco vuole infatti che l’istituto rinunci a ogni forma eccessiva di austerità corporale (aprendosi in tal modo anche a persone deboli di salute), per essere piuttosto una scuola di preghiera, contemplazione e “ascesi del cuore” (mortificazione, purificazione, penitenza, umiltà, dolcezza, pazienza): palestra interiore necessaria anche per prepararsi al servizio esterno dell’apostolato e della carità. In questo modo, le suore della Visitazione, Visitandine, potevano essere completamente di Dio senza essere distaccate dal mondo.
La fondazione di un monastero della Visitazione a Lione, su richiesta dell’arcivescovo monsignor de Marquemont (1616), rappresenterà tuttavia una svolta nella vita della piccola congregazione diocesana e sarà il preludio della sua trasformazione in ordine religioso (1618).
Fino all’ultimo dei suoi giorni, Francesco offre una limpida testimonianza di ciò che significa amare Dio e i fratelli. La morte lo coglie a Lione il 28 dicembre 1622. Viene canonizzato nel 1665; più tardi, gli viene anche conferito il titolo di dottore della Chiesa (1877).
NEL 1923 PIO XI LO PROCLAMA PATRONO DEI GIORNALISTI
Ordinato il 18 dicembre 1593, fu inviato nella regione del Chablais, dominata dal Calvinismo, e si dedicò soprattutto alla predicazione, scegliendo non la contrapposizione polemica, ma il metodo del dialogo.
Per incontrare i molti che non avrebbe potuto raggiungere con la sua predicazione, escogitò il sistema di pubblicare e di far affiggere nei luoghi pubblici dei “manifesti”, composti in agile stile di grande efficacia. Questa intuizione, che dette frutti notevoli tanto da determinare il crollo della “roccaforte” calvinista, meritò a S. Francesco di essere indicato, nel 1923 da Pio XI, come patrono dei giornalisti e scrittori cattolici.
Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:
– A Foligno in Umbria, san Feliciano, che si ritiene sia stato il primo vescovo di questa regione.
– Nel territorio di Troyes in Gallia Lugdunense, nell’odierna Francia, san Sabiniano, martire.
– Ad Antiochia di Siria, ora in Turchia, passione di san Bábila, vescovo, che, durante la persecuzione dell’imperatore Decio, dopo aver tante volte dato gloria a Dio tra sofferenze e tormenti, ottenne di morire gloriosamente legato a ceppi di ferro, con i quali dispose che il suo corpo fosse anche sepolto. Insieme a lui si tramanda che subirono la passione anche i tre fanciulli, Urbano, Prilidano ed Epolono, che egli aveva istruito nella fede cristiana.
– A Cingoli nelle Marche, sant’Esuperanzio, vescovo.
– A Binaco vicino a Milano, beata Paola Gambara Costa, vedova, che, ascritta al Terz’Ordine di San Francesco, sopportò con tale pazienza il marito violento da indurlo a conversione ed esercitò sempre in modo egregio la carità verso i poveri.
– A Londra in Inghilterra, beati martiri Guglielmo Ireland, sacerdote della Compagnia di Gesù, e Giovanni Grove, suo domestico, che, sotto il re Carlo II, falsamente accusati di tradimento, a Tyburn subirono il martirio per Cristo.
– Nel villaggio di Sainville vicino a Chartres in Francia, beata Maria Poussepin, vergine, che fondò l’Istituto delle Suore Domenicane di Carità della Presentazione della Santa Vergine per offrire sostegno ai pastori d’anime, istruzione alle ragazze e assistenza ai bisognosi e ai malati.
– Nel villaggio di Pratulin nei pressi di Siedlce in Polonia, beati Vincenzo Lewoniuk e dodici compagni, martiri: irremovibili di fronte a minacce e lusinghe, non vollero separarsi dalla Chiesa cattolica e inermi furono uccisi o feriti a morte per essersi rifiutati di consegnare le chiavi della loro parrocchia.
– A Roma, beato Timoteo (Giuseppe) Giaccardo, sacerdote, che nella Pia Società di San Paolo formò molti discepoli per annunciare al mondo il Vangelo con un appropriato uso dei mezzi di comunicazione sociale.