San Valentino di Terni, vescovo e martire
La Passione del santo di Terni ci parla di tre nobili ateniesi, Proculo, Efebo e Apollonio giunti a Roma per studiare presso il retore Cratone, maestro di lingua greca e latina; questi aveva un figlio, di nome Cheremone, affetto da una deformità fisica che lo costringeva a stare rannicchiato su se stesso, e nessun medico era riuscito a guarirlo. Un tale Fonteio, inserito qui nel racconto, dichiara a Cratone che anche un suo fratello era stato a lungo affetto dalla medesima patologia ed era stato guarito da Valentino, vescovo di Terni. Cratone, manda allora a chiamare il vescovo, gli promette addirittura la metà di tutti i suoi beni se gli avesse guarito il figlio, ma Valentino, in un lunghissimo colloquio notturno gli spiega che non saranno certo le sue ricchezze a guarire il ragazzo, quanto piuttosto la fede nell’unico Dio che appunto lo stesso vescovo adora. Cratone, ormai convinto, promette che si farà battezzare non appena suo figlio avrà riacquistato la salute. Valentino allora si ritira in una stanza dove fa distendere il ragazzo sul proprio cilicio; si immerge poi nella preghiera per tutta la notte finché una luce abbagliante avvolge il luogo e Cheremone balza in piedi completamente risanato. Di fronte al miracolo, Cratone e tutta la famiglia si fanno battezzare dal vescovo, così pure fanno i tre studenti greci, Proculo, Efebo e Apollonio, ma abbraccia il cristianesimo anche Abbondio altro studente e figlio del Praefetto di Roma, Furioso Placido, documentato in questa carica negli anni 346-347: è questa la data storica da attribuire al martirio di Valentino e non quelle che finora avevano parlato del II secolo, e di S. Feliciano di Foligno. Quanto poi a Furioso Placido egli era uno dei rappresentanti di quella classe senatoria che, almeno nella sua maggioranza, pur dopo l’Editto costantiniano del 313, continuava a seguire gli antichi culti della città; proprio su mandato del Senato, Furioso, un nome che finora era stato tradotto con «adirato», un attributo riferito a Placido, arresta Valentino e lo fa decapitare al secondo miglio della via Flaminia, ma lo fa quasi di nascosto, durante la notte, per evitare la reazione della ormai numerosa componente cristiana della città. Dopo una prima sommaria sepoltura sul luogo del martirio, Proculo, Efebo ed Apollonio portano il corpo del martire a Terni e qui lo seppelliscono poco fuori della città. Ma a Terni il consolare Lucenzio (altrove chiamato Leonzio), informato del fatto, fa catturare i tre e, ancora durante la notte, per paura che la popolazione li liberasse, li fa decapitare e si sottrae all’eventuale rabbia popolare fuggendo dalla città insieme ai funzionari del suo ufficio; la popolazione intanto, sollecitata proprio da Abbondio, seppellisce anche i nuovi martiri presso la tomba di Valentino.
I tre sono i primi cristiani sepolti presso la tomba del vescovo a Terni, seguiti poi da molti altri fino al secolo IX, periodo in cui vengono datate le tombe più recenti scoperte nella necropoli; ma molti altri cristiani, come una ternana di nome Veneriosa (359), per diversi secoli, scelgono di essere sepolti presso la tomba primitiva sulla via Flaminia. Qui a pochi anni dal martirio, papa Giulio I (337-352) aveva fatto costruire una basilica, abbellita in seguito da papa Teodoro (642-649), e venerata per molti secoli.
Anche a Terni era sorta una «memoria» sul luogo della tomba definitiva del martire, circondata dalle sepolture di numerosi altri cristiani. Abbiamo invece poche notizie storiche su questa seconda chiesa: la più conosciuta si riferisce al 742 quando proprio qui avvenne un incontro tra papa Zaccaria ed il re longobardo Liutprando. Ma quale patrono della città venne a lungo venerato sant’Anastasio. Solo dopo il 1605, data in cui vennero ritrovate le reliquie del vescovo martire, assistiamo ad un vero rilancio del culto di san Valentino, nominato ben presto unico patrono della città, ed in suo onore venne edificata la nuova chiesa, affidata alla cura dei padri Carmelitani scalzi, che la officiano ancora oggi.
Il patronato poi di san Valentino sui fidanzati si fonda su un antico scritto dell’inglese Geoffrey Chaucer, il quale racconta soltanto come nel giorno di san Valentino gli uccellini iniziassero le loro danze d’amore: ma nulla di più! Anzi, forse lo scrittore ha addirittura fatto confusione tra la festa del martire ternano e quella dell’omonimo santo vescovo di Genova. Poi, pochi decenni fa, è intervenuta la commercializzazione consumistica della ricorrenza e la Chiesa, come già nei primi secoli aveva inglobato alcune festività paganeggianti, ha cercato di «santificare» anche queste manifestazioni moderne, promuovendo tra i fidanzati una maggiore consapevolezza verso il Sacramento del matrimonio.
Restano le leggende, alcune anche banali, ma dobbiamo sapere che sono tali e soltanto tali.
Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:
– la festa dei santi Cirillo, monaco, e Metodio, vescovo. Questi due fratelli di Salonicco, mandati in Moravia dal vescovo di Costantinopoli Fozio, vi predicarono la fede cristiana e crearono un alfabeto per tradurre i libri sacri dal greco in lingua slava. Venuti a Roma, Cirillo, il cui nome prima era Costantino, colpito da malattia, si fece monaco e in questo giorno si addormentò nel Signore. Metodio, invece, ordinato da papa Adriano II vescovo di Srijem, nell’odierna Croazia, evangelizzò la Pannonia senza lesinare fati- che, dovendo sopportare molti dissidi rivolti contro di lui, ma venendo sempre sostenuto dai Romani Pontefici; a Staré Mesto in Moravia, il 6 aprile, ricevette il compenso delle sue fatiche.
– A Roma sulla via Flaminia presso il ponte Milvio, san Valentino, martire.
– Presso Spoleto in Umbria, san Vitale, martire, che l’osservanza della fede e l’imitazione di Cristo resero santo.
– A Roma nel cimitero di Pretestato sulla via Appia, san Zenone, martire.
– Ad Alessandria d’Egitto, commemorazione dei santi martiri Bassiano, Toniono, Proto e Lucio, che furono gettati in mare, Cirione sacerdote, Agatone esorcista e Mosè, che furono arsi sul rogo, Dionigi e Ammonio, che trafitti con la spada raggiunsero la gloria eterna.
– A Ravenna, sant’Eleucadio, vescovo.
– Sul monte Scopa in Bitinia, nell’odierna Turchia, sant’Aussenzio, sacerdote e archimandrita, che, vivendo su un’altura come su una cattedra, difese con voce potente la fede calcedonese.
– Commemorazione di san Nostriano, vescovo di Napoli.
– Presso Sorrento in Campania, sant’Antonino, abate, che si ritirò in solitudine dopo che il suo monastero fu di- strutto dai Longobardi.
– A Córdova in Spagna, san Giovanni Battista García della Concezione, sacerdote dell’Ordine della Santissima Trinità, che avviò il rinnovamento del suo Ordine, sostenendolo con grandissimo impegno tra gravi difficoltà e aspre tribola- zioni.
– A Valencia in Spagna, beato Vincenzo Vilar David, martire, che durante la persecuzione contro la religione accolse in casa sua sacerdoti e religiose e preferì morire piuttosto che rinnegare la fede.