San Fedele da Sigmaringen (Mark Roy), sacerdote francescano, martire

“Se mi uccidono accetterò con gioia la morte per amore di Nostro Signore. La riterrò una grande grazia”.

Mark Reyd, il futuro fra’ Fedele, nasce nel 1577 nella famiglia del borgomastro della sua città; è il più valente dei figli e così il padre lo fa studiare. Nel 1604 un nobile gli affida alcuni rampolli da istruire, tra cui i propri figli, e con questi ragazzi Mark inventa una specie di scuola itinerante tra Italia, Spagna e Francia. Rientrerà in patria solo sei anni dopo per laurearsi in giurisprudenza e diventare l’avvocato di tutti coloro che non potevano pagarsene uno.

A 34 anni stupisce tutti e chiede di essere ordinato sacerdote. Ma vuole di più: entra tra i Cappuccini di Friburgo, l’ordine che più rigidamente vive l’originale spirito francescano. Qui viene ribattezzato Fedele e inizia a vivere una vita fatta di digiuni, penitenza e veglie di preghiera. Da frate ricopre vari incarichi, studia teologia e diventa guardiano presso il convento di Weltkirchen, dove è ammirato per il suo coraggio nel soccorrere i malati durante l’epidemia di peste. Ma è come predicatore che si distingue fra’ Fedele, con le sue parole sempre forti e ancorate alla Parola, che ottengono numerose conversioni e si scagliano come dardi contro le eresie. Sono discorsi semplici e diretti, i suoi, comprensibili da letterati e contadini, ma soprattutto accompagnati dall’esempio di una vita orientata alla santità.

La voce di fra’ Fedele è talmente cristallina che gli viene affidato un incarico delicato: andare a predicare nella Rezia, una regione comprendente l’attuale Cantone svizzero dei Grigioni, il Tirolo e parte della Baviera. Qui, da qualche anno, si era radicato il Calvinismo, una dottrina affine alla Riforma protestante, che faceva capo al teologo francese Giovanni Calvino. Le lotte tra calvinisti e cattolici erano ormai all’ordine del giorno e un frate che predicava il ritorno alla fede dei padri non poteva certo essere visto di buon occhio. Un giorno, addirittura, durante la Messa, qualcuno gli spara ma lui non si scoraggia e continua la sua missione. Anche se sa di avere i giorni contati.

Il 24 aprile 1622 fra’ Fedele accoglie l’invito dei calvinisti di andare a predicare a Séwis. Non sa che è una trappola. Iniziano i tafferugli, ma lui continua, vuole portare a termine la sua predica. Quando esce dalla chiesa lo circondano una ventina di soldati armati e gli intimano di rinnegare quanto ha appena detto, ma lui rifiuta. Colpito al capo, viene finito con le spade, fa appena in tempo a perdonare i suoi assassini. Fedele fino alla morte, come voleva il suo nome. Quando il maestro dei novizi glielo aveva imposto, aveva citato alcune parole dell’Apocalisse, rivelatesi profetiche: “Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita”. Sembra finita qui ma non lo è, perché come spesso accade il sangue dei martiri feconda la terra e così la morte di fra’ Fedele ottiene una veloce riappacificazione tra cattolici e calvinisti e un ritorno di molti alla fede dei padri.

 

Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:

– A Gerusalemme, commemorazione delle sante donne Maria di Cleofa e Salomè, che insieme a Maria Maddalena vennero la mattina di Pasqua al sepolcro del Signore per ungere il suo corpo e per prime udirono l’annuncio della sua risurrezione.

– A Lione in Francia, sant’Alessandro, martire, che, tre giorni dopo la passione di sant’Epipodio, trascinato fuori dal carcere, fu dapprima torturato, poi, appeso a una croce, e- salò il suo spirito.

– A Nicomedia in Bitinia, nell’odierna Turchia, sant’Antimo, vescovo, e compagni, martiri: durante la persecuzione dell’imperatore Diocleziano, per aver professato la fede in Cristo ricevette con la decapitazione la gloria del martirio, seguito da numerosi membri del suo gregge, dei quali per ordine del giudice alcuni furono decapitati con la spada, altri bruciati con il fuoco, altri infine messi su piccole imbarcazioni e fatti affogare in mare.

– A Elvira nella regione dell’Andalusia in Spagna, san Gregorio, vescovo, la cui opera intitolata “La fede” è lodata da san Girolamo.

– Nel territorio di Blois nella Gallia lugdunense, nell’odierna Francia, san Deodato, diacono e abate, che, dopo una vita da anacoreta, fu guida dei discepoli che in questo luogo si erano raccolti intorno a lui.

– A Canterbury in Inghilterra, san Mellíto, vescovo, che, mandato dal papa san Gregorio Magno in Inghilterra come abate e ordinato poi da sant’Agostino come vescovo dei Sassoni orientali, giunse, dopo molte avversità, alla illustre sede di Canterbury.

– A York nella Northumbria, in Inghilterra, san Vilfrido, vescovo, che esercitò per quarantacinque anni con gran- de impegno il suo ministero e, costretto ripetutamente a cedere ad altri la sua sede, terminò in pace i suoi giorni tra i monaci di Ripon, dei quali era stato abate.

– Nell’isola di Iona in Scozia, sant’Egberto, sacerdote e monaco, che si adoperò con dedizione per l’evangelizzazione di molte regioni d’Europa e, ormai avanti negli anni, riconciliò i monaci di Iona con l’uso romano del computo pasquale, celebrando la sua Pasqua eterna subito dopo averne officiato la solennità.

– A Mortain nella Normandia, in Francia, san Guglielmo Firmato, eremita, che, canonico e medico di Tours, dopo un pellegrinaggio a Gerusalemme, visse sempre in solitudine.

– Ad Angers in Francia, santa Maria di Sant’Eufrasia (Rosa Virginia) Pelletier, vergine, che per accogliere con misericordia le prostitute, da lei chiamate “Maddalene”, fondò l’Istituto delle Suore del Buon Pastore.

– A Dinan in Francia, san Benedetto (Angelo) Menni, sacerdote dell’Ordine di San Giovanni di Dio, fondatore della Congregazione delle Suore Ospedaliere del Cuore di Gesù.

– A Roma, beata Maria Elisabeth Hesselblad, vergine, che, originaria della Svezia, dopo avere per lungo tempo prestato servizio in un ospedale, riformò l’Ordine di Santa Brigida, dedicandosi in particolare alla contemplazione, alla carità verso i bisognosi e all’unità dei cristiani.

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