Sant’ Isidoro l’agricoltore, Laico

Nasce in una Spagna in buona parte in mano araba, e nell’infanzia sente raccontare le gesta di tre grandi condottieri: ecco Alfonso VI il Bravo, re di Castiglia e di León, che ha conquistato tante città. E poi Yusuf Ibin Tashufin, capo della dinastia musulmana degli almoràvidi, che ha sconfitto Alfonso nel 1081 e ha incorporato i domini arabi di Spagna nel suo Impero nordafricano. Infine, c’è il condottiero dei condottieri, l’eroe nazionale Ruiz Diaz de Bivar detto il Cid, “el que en buena cinxo espada” (colui che in buon’ora cinse la spada).

Isidoro non ha spada né cavallo. Orfano del padre fin da piccolo, va poi a lavorare la terra sotto padrone, nelle campagne intorno a Madrid. A causa della guerra, cerca rifugio e lavoro più verso nord, a Torrelaguna. E vi trova anche moglie: Maria Tobiria, contadina come lui. Isidoro è un credente schietto. Partecipa ogni giorno alla messa mattutina, e durante la giornata lo si vede spesso appartato in preghiera. Questo gli tira addosso le accuse di altri salariati: ha poca voglia di lavorare, perde tempo, sfrutta le nostre fatiche. È già accaduto agli inizi, nelle campagne di Madrid; poi continua a Torrelaguna, e più tardi a Madrid ancora, quando lui vi ritorna alla fine dei combattimenti. A queste accuse Isidoro non si ribella, ma neppure si piega. Il padrone è preoccupato, non si fida di lui? E allora sorvegli, controlli, verifichi i risultati del suo lavoro… E questo fa appunto il padrone, scoprendo che Isidoro ha sì perso tempo inginocchiandosi ogni tanto a pregare, ma che alla sera aveva mietuto la stessa quantità di grano di altri. E così al tempo dell’aratura: tanta orazione pure lì, ma a fine giornata tutta la sua parte di terra era dissodata.

Iuan de Vargas si chiama questo proprietario, che dapprima tiene d’occhio Isidoro con diffidenza; ma alla fine, toccata con mano la sua onestà, arriva a dire che quei risultati non si spiegano solo con la capacità di lavoro; ci sono anche degli interventi soprannaturali: avvengono miracoli, insomma, sulle terre. E altri diffondono via via la voce: in tempo di mietitura, il grano raccolto da Isidoro veniva prodigiosamente moltiplicato. Durante l’aratura, mentre lui pregava in ginocchio, gli angeli lavoravano al posto suo con l’aratro e con i buoi. Così il bracciante malvisto diventa l’uomo di fiducia del padrone, porta a casa più soldi e li divide tra i poveri. Né lui né sua moglie cambiano vita: è intorno a loro e grazie a loro che la povera gente incomincia a vivere un po’ meglio. Nel tempo delle epiche gesta di tanti conquistatori, le imprese di Isidoro sono queste, fino alla morte.

A volte certi suoi atti fanno pensare a Francesco d’Assisi. Per esempio, d’inverno, si preoccupa per gli uccelli affamati: e per loro, andando al mulino con un sacco di grano, ne sparge i chicchi a grandi manciate sulla neve; ma quando arriva al mulino, il sacco è di nuovo prodigiosamente pieno. Lavorare, pregare, donare: le sue gesta sono tutte qui, e dopo la morte lo rendono famoso come Alfonso il Bravo e come il Cid. Nel 1170 il suo corpo viene deposto nella chiesa madrilena di Sant’Andrea, e col tempo la sua fama si divulga in Spagna, nelle colonie spagnole d’America e in alcune regioni del Nord Europa. Nel 1622, Isidoro l’Agricoltore viene canonizzato da Gregorio XV (con Ignazio di Loyola e Francesco Saverio). Nel 1697 papa Innocenzo XII proclama beata sua moglie Maria Toribia. Le reliquie di sant’Isidoro si trovano ora nella cattedrale di Madrid, città di cui è patrono e che lo festeggia con un programma solenne

 

Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:

– la passione dei santi Pietro, Andrea, Paolo e Dionisia, martiri a Lámpsaco in Ellesponto, nell’odierna Turchia.

– A Clermont-Ferrand in Aquitania, nel territorio dell’odierna Francia, santi Cassio e Vittorino, martiri, che si ritiene abbiano subito il martirio sotto Croco, capo degli Alamanni.

– In Sardegna, san Simplicio, sacerdote.

– A Lárissa in Tessaglia, in Grecia, sant’Achílleo, detto il Taumaturgo, vescovo, che partecipò al primo Concilio Ecumenico di Nicea ed evangelizzò le popolazioni pagane con zelo apostolico contrassegnato da ogni virtù.

– Ad Autun nella Gallia lugdunense, in Francia, san Retizio, vescovo, ricordato da sant’Agostino per la sua grande autorità di presule nella Chiesa e da san Girolamo come grande esegeta della Sacra Scrittura.

– In Etiopia, san Caleb o Elésbaan, re, che per vendicare l’uccisione dei martiri di Nagran affrontò vittoriosa- mente in battaglia i nemici di Cristo; dopo avere inviato, al tempo dell’imperatore Giustino, il suo diadema regale a Gerusalemme, si ritiene che, come era stato nei suoi desideri, si sia riturato a vita monastica, prima di fare ritorno al Signore.

– A Settémpeda nelle Marche, san Severino, vescovo, dal quale questa città prese poi il nome.

– A Bingen sul fiume Reno vicino a Magonza, nel territorio dell’odierna Germania, san Ruperto, che, duca, partito giovane in pellegrinaggio presso le tombe degli Apostoli, al ritorno nei suoi domini, fece costruire molte chiese e a soli diciannove anni si addormentò nel Signore.

– Presso Córdova nell’Andalusia in Spagna, commemorazione di san Vitesindo, martire, che per timore dei Mori abbandonò la fede cristiana, ma, rifiutatosi poi di praticare pubblicamente il loro culto, fu ucciso in odio alla fede cri- stiana.

– Ad Aix-en-Provence in Francia, beato Andrea Abellon, sacerdote dell’Ordine dei Predicatori, che ripristinò nei conventi l’osservanza della regola, amministrandoli con pazienza e con un sobrio tenore di vita.

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