San Josemaria Escrivá de Balaguer, sacerdote e fondatore dell’Opus Dei

Il fondatore dell’ Opus Dei nacque il 9 gennaio 1902 a Barbastro, un piccolo centro aragonese, da genitori profondamente cristiani (il parentado annoverava diversi sacerdoti, tra i quali un prozio materno diventato vescovo). Fu battezzato coi nomi di José (Giuseppe), María, Julián e Mariano, ed egli da grande avrebbe fuso i primi due in quello di Josemaría. Sui due anni, si ammalò gravemente e i genitori, nonostante le diagnosi infauste dei medici, si rivolsero alla Vergine promettendo che se il figlio fosse guarito, si sarebbero recati in pellegrinaggio al santuario mariano di Torreciudad, molto scomodo da raggiungere attraverso ripide mulattiere. Il bimbo guarì e il voto fu subito adempiuto.

Il ragazzino ricevette la prima Comunione a dieci anni, secondo le nuove disposizioni introdotte da Pio X. Fu quello un periodo doloroso per la famiglia perché morirono le tre sorelline più piccole e, subito dopo, l’ impresa commerciale del padre fallì, costringendo gli Escrivá a stabilirsi a Logroño, dove a sedici anni Josemaría maturò la vocazione al sacerdozio, intensificando la vita di pietà. Ammesso come alunno esterno al seminario di Logroño, nel 1920 si trasferì a Saragozza per portare a termine gli studi teologici presso l’ Università Pontificia dell’ arcidiocesi e nel 1923, col permesso dei superiori, cominciò gli studi di giurisprudenza presso la locale Università. In seminario si distinse per la pietà e la maturità, tanto che a soli vent’ anni ne fu nominato superiore dal cardinale Soldevila, continuando a svolgere un fecondo apostolato nell’ ambiente universitario tra professori e studenti.

Ordinato sacerdote il 28 marzo 1925, due anni dopo decise di recarsi a Madrid per conseguire il dottorato in diritto civile e, nel tempo libero, visitava, confortava e aiutava i poveri e i malati nei sobborghi popolari della capitale. Nel 1928, durante un ritiro spirituale presso i Missionari di San Vincenzo de Paoli, ricevette quella che lui chiamò poi una “illuminazione” circa la fondazione dell’ Opus Dei: egli intravide la possibilità di un cammino di santità e di apostolato aperto a tutti, giovani e vecchi, celibi e sposati, vedovi, sani e malati, mediante la santificazione del lavoro ordinario, in mezzo al mondo e senza cambiare stato. Da allora, con l’ incoraggiamento del vescovo del luogo, don Escrivà intensificò la sua azione pastorale con i giovani di tutti i ceti sociali tra i quali far germogliare il seme appena gettato. Nel febbraio 1930 il Signore gli fece capire che nell’ Opus Dei c’ era posto anche per le donne.

Intanto arrivavano le prime vocazioni, mentre la situazione politica della Spagna si andava aggravando: nel 1931 il regime repubblicano soppiantava la monarchia alimentando violenze e un vero e proprio odio antireligioso che avrebbero portato alla guerra civile del 1936. Don Josemaría si adoperò nel ministero sacerdotale con eroica dedizione, assistendo poveri e malati e iniziando una attività di formazione settimanale che poi sarebbe sfociata nella fondazione del primo centro dell’ Opus Dei, quella Accademia de Derecho y Arquitectura (Accademia di Diritto e Architettura) la cui sigla – DYA – era da lui interpretata anche come Dios Y Audacia. Durante la guerra civile, egli rischiò la vita per mantenere i contatti con i suoi figli spirituali, trovando rifugio prima in una clinica psichiatrica fingendosi pazzo, poi nel Consolato dell’ Honduras e infine fuggendo dalla Spagna repubblicana. Terminato il conflitto, risiedendo stabilmente a Madrid diede impulso alla sua opera in tutto il Paese. Inoltre, su richiesta dei vescovi e dei superiori di ordini e congregazioni religiose, predicò un gran numero di esercizi spirituali a sacerdoti, religiosi e laici. Nel 1939 pubblicò Il Cammino, una raccolta di considerazioni spirituali che di diffuse in tutto il mondo raggiungendo la tiratura di tre milioni e mezzo di copie.

Nel febbraio 1943 nasceva la Società sacerdotale della Santa Croce, che rendeva possibile l’ ordinazione presbiterale di alcuni laici dell’ Opus Dei e la loro disponibilità all’ assistenza spirituale degli altri membri e delle attività apostoliche promosse dall’ Opera. Più tardi, fin dal 1950, fu data la possibilità anche ai sacerdoti diocesani di associarvisi, col solo scopo di ricevere l’ aiuto necessario a santificarsi nell’ esercizio dei compiti pastorali affidati loro dal vescovo, mantenendo intatto il vincolo canonico di dipendenza da lui.

Nel 1946 Escrivà si trasferì definitivamente a Roma, dove ottenne dalla Santa Sede l’ approvazione definitiva dell’ Opus Dei e della Società della Santa Croce come istituzioni di Diritto pontificio, nonché dell’ Associazione di Cooperatori dell’ Opus Dei, alla quale possono essere ammessi (novità ecumenica a quei tempi impensabile) anche gli acattolici e i non cristiani. Ma già allora egli puntava a delineare l’ assetto giuridico definitivo dell’ Opera in corrispondenza al sua carisma fondazionale, che sarebbe stato però raggiunto soltanto dopo la sua morte, quando nel 1982 si attuò l’ erezione dell’ Opus Dei in Prelatura personale: si tratta di una figura giuridica prevista dal Concilio Vaticano II nel decreto Presbyterorum ordinis, una struttura secolare, non vincolata alla territorialità, voluta dalla Sante Sede per realizzare specifiche attività pastorali in tutto il mondo al servizio della Chiesa universale e delle Chiese locali.

Per il raggiungimento di questo obiettivo il santo intensificò la preghiera e la penitenza, dando luminoso esempio di tutte le virtù e dedicandosi con infaticabile sollecitudine al servizio della Chiesa, promuovendo la diffusione in tutto il mondo della sua famiglia spirituale. Soleva sintetizzare così ai suoi figli il suo programma: «Santificare il lavoro, santificarsi nel lavoro e santificare gli altri con il lavoro», mostrando come fondere in una solida unità di vita l’attività professionale, la preghiera e l’apostolato. Fino all’ ultimo intraprese viaggi gravosi percorrendo tutta l’Europa e l’America, attirando con la sua catechesi milioni di anime, mentre altre sue opere – tra cui Il Santo Rosario, È Gesù che passa, Amici di Dio, Colloqui con mons. Escrivà, Via Crucis – si diffondevano nel mondo a milioni di copie.

Il 28 marzo 1975, il santo celebrò il suo cinquantesimo anniversario di sacerdozio compiendo quello che fu il suo ultimo viaggio, al santuario di Torreciudad dove i genitori si erano recati dopo la sua prodigiosa guarigione: lui fece restaurare l’antica statua della Madonna e promosse la costruzione di un nuovo, grande santuario che oggi è meta di moltissimi pellegrinaggi. Il 26 giugno dello stesso anno, nella sede centrale dell’ Opus Dei a Roma, mons. Escrivà moriva stroncato da un improvviso attacco cardiaco. Proprio quel giorno aveva rinnovato, durante la santa Messa, l’offerta della propria vita per la Chiesa e per il Papa. A quell’ epoca, la sua Opera contava già oltre 60.000 membri di 80 nazionalità ed era diffusa nei cinque continenti.

Ben presto, in seguito a lettere postulatorie inviate da 69 cardinali, 241 arcivescovi, 987 vescovi e 41 Superiori generali di Ordini religiosi, nonché alla fama di santità e alle numerose grazie ottenute per sua intercessione, fu avviato il processo che portò alla beatificazione di Josemaría Escrivà de Balaguer il 17 maggio 1992 e alla sua canonizzazione il 6 ottobre 2002.

 

Lo stesso giorno nel Martirologio Romano, la Chiesa commemora:

– A Roma commemorazione dei santi Giovanni e Paolo, al cui nome è dedicata la basilica sul monte Celio lungo il clivo di Scauro nella proprietà del senatore Pammachio.

– A Trento, san Vigilio, vescovo, che, ricevute da sant’Ambrogio di Milano le insegne del suo mandato e una istruzione pastorale, si adoperò per consolidare nel suo territorio l’opera di evangelizzazione ed estirpare a fondo i residui di idolatria; si tramanda poi che abbia subito il martirio per la fede in Cristo, colpito a morte da rozzi pagani.

– A Nola in Campania, san Deodato, vescovo, succeduto a san Paolino.

– Nel territorio di Poitiers in Aquitania, nell’odierna Francia, san Massenzio, abate, insigne per le sue virtù.

– A Salonicco in Grecia, san Davide, eremita, che passò circa ottant’anni chiuso in una piccola cella fuori dalle mura della città.

– Presso Valencienne in Austrasia, nel territorio dell’odierna Francia, santi Salvio, vescovo, e il suo discepolo, che giunsero dal territorio dell’Auvergne in questa regione e subirono il martirio sotto il tiranno del luogo Vinegardo.

– A Córdova nell’Andalusia in Spagna, san Pelagio, martire, che, all’età di tredici anni, per aver conservato la fede in Cristo e la castità contro le lascive lusinghe del re dei Mori ‘Abdul ar-Rahman III, per ordine di costui fu fatto a pezzi con delle tenaglie di ferro, portando così a termine il suo glorioso martirio.

– A Gubbio in Umbria, san Rodolfo, vescovo, che si adoperò nella predicazione e distribuì con prodigalità ai poveri tutto quel che riusciva a sottrarre alle spese legate alla sua persona.

– A Belley in Borgogna, nell’odierna Francia, sant’Antelmo, vescovo, che, da monaco, ricostruì l’edificio della Grande Certosa distrutto da una abbondante nevicata; divenuto poi priore, convocò il Capitolo generale e, elevato alla sede episcopale, rifulse nell’opera di correzione dei costumi di chierici e nobili svolta con instancabile impegno e intrepida fermezza.

– In una nave da carico ancorata al porto di Rochefort in Francia, beato Raimondo Petiniaud de Jourgnac, sacerdote e martire, che, arcidiacono di Limoges, durante la Rivoluzione francese a causa del suo sacerdozio fu tenuto in condizioni disumane in carcere, dove portò a termine il proprio martirio, corroso dalle piaghe e dai pidocchi.

– A Cambrai in Francia, beate Maddalena Fontaine, Francesca Lanel, Teresa Fantou e Giovanna Gérard, vergini e martiri, che, Figlie della Carità, durante la Rivoluzione francese furono condannate a morte in odio alla Chiesa e condotte al supplizio incoronate per scherno con il Rosario.

– A Treviso, beato Andrea Giacinto Longhin, vescovo, che in tempo di guerra sovvenne con ogni mezzo alle necessità dei profughi e dei prigionieri e nelle difficoltà del suo tempo difese con straordinaria sollecitudine i diritti degli operai, dei contadini e di tutti i deboli della società.

– Nel territorio di Qianshengzhuang presso la città di Liushuitao nella provincia dello Hebei in Cina, san Giuseppe Ma Taishun, martire, che, medico e catechista, sebbene nella persecuzione scatenata dalla setta dei Boxer gli altri membri della sua famiglia avessero rinnegato la fede, preferì testimoniare Cristo con il suo sangue.

– Nei pressi di Guadalajara nello Stato di Jalisco in Messico, san Giuseppe Maria Robles, sacerdote e martire, che, nel corso della persecuzione contro la Chiesa durante la rivoluzione messicana, morì appeso a un albero.

– Nella selva di Birok vicino alla città di Stradch nel territorio di Leopoli in Ucraina, beati Nicola Konrad, sacerdote, e Vladimiro Pryjma, che, sotto un regime ateo, testimoniarono con un’impavida morte la speranza nella resurrezione di Cristo.

– Nel villaggio di Sykhiv sempre nel territorio di Leopoli, beato Andrea Iscak, sacerdote e martire, che nello stesso periodo venne fucilato per la fede in Cristo.

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