Intervista a padre Maccalli: “Ecco le mie giornate da prigioniero”
«Questi due anni sono stati scuola di presente. Desideravo che finisse presto, ad ogni tramonto dicevo “speriamo domani”. Poi al sorgere del sole riprendevo il mio rosario e continuavo a ritmare la mia giornata con i soliti gesti quotidiani, giorno dopo giorno. Il futuro appartiene a Dio, ora mi gusto il ritorno a casa, questo è il mio presente». Lo dice all’Agenzia Fides (15 ottobre) il missionario italiano padre Pierluigi Maccalli nella prima intervista rilasciata dopo l’esperienza del sequestro.
Padre Maccalli, 59 anni, missionario della Società delle Missioni Africane (SMA), originario di Madignano, in provincia di Crema (Italia), era stato rapito in Niger al confine con il Burkina Faso, nella notte tra il 17 e il 18 settembre del 2018, da miliziani jihadisti, è stato rilasciato l’8 ottobre scorso ed è giunto in Italia. Attualmente si trova nel suo paese natio.
Lo “slogan” di padre Maccalli
Nell’intervista, padre Maccalli spiega lo “slogan” che ha fatto proprio durante la prigionia: “Resistere per esistere”. «E’ la parola che mi ha accompagnato e spronato ad andare avanti giorno dopo giorno – sottolinea padre Maccalli a Fides – Mi hanno portato via in pigiama e ciabatte; non avevo nulla ed ero visto come un nulla da questi zeloti mussulmani jihadisti che mi consideravano un “kafir” impuro e condannato all’inferno».
Le uniche “armi” che aveva: preghiera e rosario
L’unico mio sostegno, prosegue il missionario rapito in Niger nell’intervista all’agenzia Fides, «è stata la preghiera semplice del mattino e della sera, che ho imparato in famiglia dalla mamma, e il rosario della nonna come preghiera contemplativa. Il deserto è stato tempo di grande silenzio, di purificazione, di ritorno alle origini e all’essenziale. Un’opportunità per rivedere il film della mia vita che ormai entra nella terza età. Tante le domande che mi son posto e ho gridato come sfogo e lamento verso Dio: dove sei? perché mi hai abbandonato? Fino a quando Signore? Sapevo e so che Lui c’è! Ma so che Dio lo si vede di spalle, ora che sono libero, tornato a casa, sto cominciando a capire».
“Questo è il mio corpo offerto”
Ogni giorno, e in specie ogni domenica, padre Maccalli ripeteva «le parole consacratorie “questo è il mio corpo offerto”, pane spezzato per il mondo e l’Africa. Nella preghiera mattutina pregavo un inno francese “un jour nouveau commence, un jour reçu de toi … nous le remettons davance entre tes mains tel qu’il sera… e terminavo aggiungendo: non ho altra offerta che l’offerta della mia vita”. Ho chiesto una Bibbia, ma non me l’hanno concessa».
La messa di Pentecoste
E allora il missionario italiano rimediava così: «Ogni domenica mi davo un brano evangelico da meditare, specie in occasione dei tempi forti di Avvento-Natale e Quaresima-Pasqua – evidenzia padre Maccalli sempre a Fides – ma dal 20 maggio, giorno in cui ci hanno portato una radiolina a onde corte che avevo più volte sollecitato per ascoltare almeno le notizie dal mondo (Radio France International e BBC), ho potuto ascoltare ogni sabato il commento al Vangelo della domenica da Radio Vaticana. Una volta anche la messa in diretta… era proprio la messa di Pentecoste 2020».
Padre Maccalli, infine, non nutre alcun risentimento verso rapitori e carcerieri.
«Mi hanno sempre rispettato in generale. La mia lunga barba bianca doveva far presa sui giovanetti imberbi che mi custodivano, mi chiamavano in arabo o tamaceq “shebani” (vecchio). Provo tuttora molta tristezza verso questi giovani indottrinati da video di propaganda che ascoltavano tutto il giorno. Non sanno quello che fanno! Non porto rancore verso i miei rapitori e carcerieri, ho pregato per loro e continuo a farlo».
Gelsomino Del Guercio (it.aleteia.org)